Conosci la popolazione degli Hadza?
E’ una tribù che conta ormai solo un migliaio di individui che, in Tanzania, vive ancora di caccia e di raccolta ed è stata oggetto di uno studio sulla correlazione tra tipo di alimentazione, microbiota intestinale e malattie.
Solo negli ultimi anni si è cominciato a capire quanta influenza abbia il cosiddetto microbiota intestinale (l’insieme dei batteri che vivono nella parte inferiore del sistema digestivo) su vari aspetti della salute, e nuove scoperte continuano a mettere in evidenza legami sorprendenti.
I ricercatori hanno scelto la Tribù degli Hadza perché ci riporta allo stile di vita e all’alimentazione di migliaia di anni fa, ancora prima dell’inizio dell’agricoltura.
Gli Hadza infatti non usano frigoriferi o altri sistemi di conservazione e hanno un’alimentazione più varia, rispetto alla nostra, che cambia a seconda delle stagioni:
nei periodi secchi vanno a caccia e si nutrono principalmente di carne (antilope e giraffa), frutti del baobab e tuberi;
nella stagione umida consumano principalmente bacche, miele, e ancora frutti del baobab e tuberi, che sono a disposizione invece tutto l’anno.
Tra di loro, sono praticamente sconosciute malattie come il tumore del colon o il morbo di Crohn.
Più di 200 membri della popolazione sono stati istruiti dai ricercatori su come raccogliere campioni delle loro feci senza contaminarle e per circa un anno hanno fornito ai ricercatori la loro cacca da analizzare.
Dal confronto con il microbiota di persone di altre 17 culture sparse in tutto il mondo, hanno scoperto che la flora intestinale degli africani è molto diversa da quella delle altre popolazioni.
Nello specifico è emerso che il loro intestino ospita una maggiore varietà di microbi ed è più adatto alla demolizione di fibre indigeribili, di cui abbonda la loro dieta, così da ottenere più energia dagli alimenti fibrosi che consumano .
Secondo i ricercatori, le differenze riscontrate potrebbero essere dovute, almeno in parte, al diverso consumo di fibre. “Gli Hadza consumano in media 100 o più grammi di fibre al giorno – spiega Sonnenburg microbiologo della Stanford University -, mentre noi in media ne mangiano 15 grammi al giorno”. Le persone che vivono in Africa, Papua Nuova Guinea o Sud America, per esempio, posseggono anche microbi che ormai non ci sono più nel mondo industrializzato, dove le diete sono a basso contenuto di fibre e con alti livelli di zuccheri raffinati
Il passaggio dall’era della caccia e della raccolta alla società agricola prima e all’era dell’industrializzazione dopo, ha portato a cambiamenti drammatici nella dieta e nello stile di vita, ai quali sia gli esseri umani sia i loro partner microbici hanno dovuto adattarsi.
Il fatto che lo stile di vita occidentale – un’alimentazione povera di fibre – e il massiccio uso di antibiotici abbiano alterato in modo profondo un equilibrio che esisteva da migliaia di anni tra l’uomo e i microbi, ha conseguenze sulla nostra salute che dobbiamo ancora comprendere nella loro interezza.
Sappiamo che la flora batterica ( Microbiota) ha un ruolo fondamentale nelle sindromi autoimmuni come l’ artrite reumatoide, lupus eritematoso, sindrome di Sjogren e morbo di Chron.
A novembre 2016, due lavori pubblicati sulla rivista Oral Disease, hanno dimostrato infatti che la disbiosi (alterazione) del microbiota e l’aumento di batteri specifici possono produrre processi infiammatori della mucosa e processi che incrementano la permeabilità intestinale.
La barriera intestinale così danneggiata permette a cellule e molecole pro-infiammatorie di diffondersi e di andare in vari distretti.
Nell’artrite reumatoide (colpisce le articolazioni), lupus eritematosus (a carico di organi, tessuti e articolazioni) e sindrome di Sjogren (organi, tessuti e ghiandole salivari e lacrimali), la disbiosi intestinale causa una carenza di Bifidobatteri e un aumento di Prevotella;
nel morbo di Crohn e la colite ulcerosa, invece provoca l’aumento dei livelli di Escherichia coli.
Grazie a tali scoperte si è iniziato ad utilizzare metodi non invasivi per ripristinare l’eubiosi intestinale, cioè la normale permeabilità, come l’assunzione di probiotici Lactobacillus Rhamnosus o Lactobacillus Reuteri, per migliorare la funzione della barriera intestinale e prebiotici fibre solubili, per stimolare la crescita del microbiota.
Ecco perchè è così importante conoscere il microbiota intestinale e mantenerlo in salute ed equilibrio!
Tra i probiotici più conosciuti troviamo i lacto e i bifido-batteri.
I probiotici sono presenti in alimenti fermentati come lo yogurt, il kefir, il miso, il temphe e i formaggi fermentati . Inoltre possiamo trovarli in specifici integratori, meglio noti come “fermenti lattici”.
I prebiotici, invece non sono organismi vivi, sono il nutrimento dei probiotici e ne stimolano l’attività. I probiotici, quindi per rafforzarsi, necessitano dei prebiotici che sono contenuti, ad esempio, nei cibi ricchi di fibre.
Sicuramente almeno una volta nella vita anche tu avrai fatto un ciclo di probiotici, ma qualcuno ti ha mai detto che sarebbe stato altrettanto importante integrare con dei prebiotici?
Personalmente ho riscontrato grandi benefici da quando faccio un paio di cicli all’anno di probiotici appartenenti a ceppi diversi e di elevata qualità, associati a prebiotici!!
E da coscienziosa estetista negli ultimi anni mi sono preoccupata non solo di fare la felicità delle mie clienti ma anche del loro intestino!!
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